Aggiornato il 03/05/18 at 04:32 pm
di Mario Sommossa
Che la guerra civile in Siria costituisca il mezzo per ridimensionare l’influenza iraniana in Medio Oriente è noto a tutti. Quel che risulta meno evidente è come, anche in Iraq e non solo per la possibile vittoria dei sunniti in Siria, il predominio iraniano si trovi in crescente sofferenza…….. Teheran, soprattutto dopo la partenza degli americani a fine 2011, aveva vieppiù aumentato il proprio controllo su Bagdad usando il metodo del bastone e della carota con tutti i gruppi sciiti. Mentre favoriva, per ovvi motivi, una identificazione confessionale comune nella Shia, contemporaneamente solleticava le ambizioni dei vari gruppi mettendoli discretamente l’uno in rivalita’ con l’altro.
Osservatori superficiali sostengono che Al-Maliki sia niente piu’ di una marionetta agli ordini degli Ayatollah e lo stesso si dice di Muqtada Al-Sadr. In realtà, nessuno dei due e’ un puro esecutore di ordini, ma e’ vero che entrambi godono, auspicando di diventarne i favoriti, del sostegno iraniano. Cosi’ come entrambi puntano alla supremazia all’interno del Paese. Questa conflittualita’ interna, che fino ad ieri faceva comodo agli iraniani, sta oggi mettendo in crisi la tenuta del sistema, anche contro gli interessi più profondi di Teheran.
Al-Maliki da tempo opera per l’accrescimento dei propri personali poteri, marginalizzando i sunniti, ma inimicandosi i Curdi e aumentando i sospetti di Al-Sadr. Le sue manovre cominciarono subito appena ritornato alla guida del governo, ma il primo grande colpo lo sferro’ in prossimita’ della partenza delle truppe USA. Fu allora che fece accusare e poi condannare in contumacia il Vice Presidente (sunnita) Al-Hashimi che fu costretto a cercare rifugio dapprima nella Regione Autonoma del Kurdistan, poi in Turchia ed infine in altri stati amici.
I curdi, loro malgrado, avevano visto nei gruppi sciiti dei naturali alleati per tenere testa alle pressioni anti-autonomiste dei sunniti, coi quali avevano rapporti conflittuali per i territori di Kirkuk, Mosul e Salahaddin. Fu per questo che Massoud Barzani, Presidente del Kurdistan Iracheno, era riuscito in mediazione convincendo anche Allawi ed il suo partito Al-Irakya ad accettare di far parte di una maggioranza parlamentare che consenti’, dopo nove mesi dal voto, la formazione di un governo. Appena nominato, pero’, Al Maliki comincio’ con il non onorare gli impegni assunti con Allawi e, subito dopo, amplio’ il contenzioso con i curdi in merito ai margini di autonomia possibili.
L’accordo tra curdi, sciiti dei vari gruppi ed Al-Irakya, partito interconfessionale che comprendeva un grande numero di esponenti sunniti, aveva fatto sperare, all’epoca, in un superamento possibile delle ostilita’ confessionali ed etniche nel Paese. Purtroppo, la sete di potere del Primo Ministro e il suo desiderio di ri-centralizzare il potere resero ben presto chiaro che la pacificazione interna era ancora lontana, se non addirittura PIU’ lontana.
Convinto che non esistano alternative alla propria persona e che per tutti, in primis gli iraniani, cio’ che interessa e’ la non destabilizzazione del Paese Al Maliki ha man mano aumentato il tiro, mantenendo stabilmente per se il controllo sui Ministeri della Difesa e degli Interni ed arrivando a fare occupare ad uomini suoi il maggior numero di posti chiave.
Già nella prima metà del 2012 ci fu un momento in cui Curdi, sunniti e Sadristi stavano per organizzare un voto di sfiducia al Governo ma la cosa non si finalizzò perché, Al-Sadr da un lato e il curdo Talabani presidente dell’Iraq dall’altro, accolsero il “suggerimento” iraniano dell’ultimo momento di soprassedere. L’idea del voto di sfiducia era forse stato solo un avvertimento che Teheran aveva mandato ad Al –Maliki perche’ si “contenesse”? Puo’ darsi. Ma certo non basto’.
Da allora, anziché mostrarsi piu’ accomodante come Teheran avrebbe voluto soprattutto dopo lo scoppio della crisi siriana, Al Maliki ha continuato nella sua volonta’ di eliminare nemici e concorrenti fino ad arrivare,nel dicembre scorso, ad attaccare anche uomini vicini al ministro delle finanze, sunnita Al –Issawi. L’accusa di terrorismo lanciata contro l’entourage di Al-Issawi ha innescato ben piu’ diffuse proteste e reazioni. Quest’ultimo infatti appartiene ad una tribù importante, prevalentemente sunnita, di Fallujah e tutta la comunita’ sunnita si e’ sentita attaccata.
A cio’ si deve aggiungere che i rapporti con i curdi sono al loro minimo storico perche’ Barzani, pur cauto come sempre, non ha gradito i continui tentativi centralizzatori ed anti-autonomisti di Al-Maliki e ed i Peshmerga e l’esercito ufficiale iracheno sono arrivati perfino a fronteggiarsi fisicamente al confine del territorio regionale. Inoltre il fronte sciita è sempre più diviso al proprio interno e sempre meno disponibile ad accettare i giochetti del divide et impera iraniano. Come se non bastasse, l’avanzata sunnita in Siria ed il sostegno ai ribelli, in funzione anti-iraniana, offerto da Turchia, Arabia Saudita e Qatar stanno galvanizzando tutti gli oppositori al potere centrale di Baghdad.
La conseguenza, oggi, è che l’Iran, che credeva di poter continuare ad essere l’unico arbitro del gioco nel Paese confinante, vede diminuire giorno per giorno il proprio margine d’azione. Se a tutto ciò si aggiungono le tensioni iraniane interne e le lotte tra oligarchie che andranno aumentando fino alle prossime elezioni presidenziali, il futuro ruolo di Teheran nella regione si prospetta tutt’altro che roseo.
Fonte:la voce della Russia
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