Oppurtunità di lavoro: (ri)costruire nelle aree di guerra

Aggiornato il 03/05/18 at 04:33 pm


In tempi di crisi gli architetti occidentali spostano i propri interessi verso le aree di guerra.
Questa l’ultima, sorprendente notizia rilevata dal sondaggio del magazine World Architecture 100, che si è occupato di intervistare i principali studi di architettura di tutto il mondo, svelando come ben 100 di questi concordino nell’identificare l’Iraq come uno dei paesi con il maggiore potenziale di crescita……….. NUOVE AREE DI INTERESSE. Un cambio di rotta che gli esperti fanno coincidere con la congiuntura economica di crisi, che negli ultimi anni ha determinato il progressivo calo di lavoro per i progettisti tra Europa e Stati Uniti. Tra le nuove aree di interesse, oltre all’Iraq, troviamo paesi come l’Afghanistan, la Libia, la Nigeria, l’Angola e la Somalia. Significativo il caso della nota archistar Zaha Hadid, che proprio in questi mesi sta lavorando all’apertura di un nuovo studio con sede nella capitale irachena, Baghdad.
PAESI IN RAPIDA ESPANSIONE. Alla base di questo spostamento di interesse vi è anche la volontà di cogliere tutte le opportunità che i paesi in fase di inizio crescita offrono. Doug Godden, economista senior presso l’Oxford Economics, sottolinea questo aspetto: “i paesi con redditi ancora bassi e un grande potenziale per lo sviluppo delle infrastrutture tendono a vedere la crescita nel medio termine”.
Secondo il report 2020 della Global Construction, le spese di costruzione nei paesi emergenti dell’area asiatica del Pacifico raddoppierà a 4.500 miliardi di dollari entro il 2020, mentre in Medio Oriente e Nord Africa raggiungerà i 556 miliardi dollari.
INFRASTRUTTURE E NUOVI PIANI URBANISTICI. Nella maggior parte dei casi, infatti, si tratta di aree dove i carichi di lavoro sono ingenti, ma mancano fornitori, progettisti, ingegneri e imprenditori. Attualmente in Iraq fervono i lavori per le infrastrutture di trasporto, la costruzione di intere città, ospedali, scuole e stadi olimpici, con un output di costruzione che raggiungerà il 7% entro il 2020. In Afghanistan, invece, i progettisti sono alle prese con il piano di una nuova Kabul, una città da 34 miliardi di dollari a cinque miglia dalla capitale, da terminare entro il 2025.
AFRICA. Molte richieste anche dalla Libia, il cui output di costruzione sembra destinato a crescere dall’attuale 4,4% al 6,1% entro il 2020, in particolare grazie alla progettazione di aeroporti, infrastrutture e una serie di edifici pubblici, scuole ed ospedali. In rapida crescita anche la Nigeria, dove l’Oxford Economics prevede che l’attività edilizia raddoppierà a 17 miliardi di dollari entro il 2020. Infine, tra le nuove aree nel mirino dei progettisti occidentali anche l’Angola, che dopo anni di guerre è rappresenta oggi la terza economia in più rapida crescita al mondo, e la Somalia, la cui capitale -Mogadiscio – è da poco diventata sede di nuovi progetti di architettura internazionali.
TUTTO FACILE? Prestare la propria opera all’estero comporta però ingenti rischi, operativi ed economici. Difficile pensare che un singolo professionista possa emigrare in autonomia. Oggi le opportunità sono legate alle grandi engennering internazionali che hanno bisogno di personale qualificato e ai general contractor nazionali che sempre più spesso si stanno aggiudicando appalti all’estero, prova ne sono i loro bilanci in crescita nonostante un mercato nazionale asfittico. Ma una volta trovata la porta di ingresso i problemi non sono tutti risolti, perché a fronte di un lavoro professionalmente stimolante rimane il forte rischio di non essere pagati come conferma Jack Pringle, a capo dello studio Pringle Brandon Perkins & Will, attualmente alle prese con i piani regolatori di Erbil, capitale del Kurdistan iracheno.
fonte:casaeclima.com

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