La questione curda in Turchia: intervista a Selahattin Demirtas

Aggiornato il 03/05/18 at 04:33 pm


di Alexander Corbeil

Selahattin Demirtas 39 anni, è il presidente del Partito della pace e della democrazia (BDP) nel Parlamento turco. Ricopre questa posizione dal gennaio 2010 ed è diventato deputato nel 2007, come rappresentante della città a maggioranza curda di Diyarbakir. Demirtas è stato condannato a dieci mesi di prigione ……. con l’accusa di avere legami con il Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK) per aver suggerito al governo turco di dialogare con il leader Abdullah Ocalan.
Demirtas è stato condannato a dieci mesi di prigione con l’accusa di avere legami con il Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK), dopo aver suggerito al governo turco di dialogare con il detenuto leader Abdullah Ocalan.
Nel corso delle proteste curde di piazza del 2011 è stato protagonista della campagna di disobbedienza civile condotta dal BDP. Ha conseguito la laurea in giurisprudenza presso l’Università di Ankara ed è sposato con due figli.
A intervistarlo, Alexander Corbeil della Foreign Policy Association.
Nel corso di una sua apparizione al Parlamento inglese all’inizio di quest’anno, lei ha paragonato gli eventi della primavera araba con la vigilia degli accordi Sykes-Picot, che hanno diviso il popolo curdo in quattro paesi. Quali le somiglianze?
Prima e dopo la prima guerra mondiale i trattati che sono stati firmati sono stati determinanti nella creazione della geografia politica regionale e del Kurdistan, che è stato diviso in quattro (aree).
La politica inglese fu decisiva e una ragione fondamentale della divisione del Kurdistan in quattro. Purtroppo nel periodo in cui questi accordi venivano presi e il Kurdistan diviso, i curdi non sono stati in grado di unirsi e questo spiega la situazione odierna. I curdi non sono stati in grado di approfittare del secolo scorso, e hanno pagato duramente per questo.
Pensa che gli eventi della primavera araba rappresentino un’opportunità per il popolo curdo?
Sicuramente c’è stata una primavera curda prima di una primavera araba, ed è in corso da 30 anni. I curdi hanno lottato per ottenere i loro diritti, e la primavera araba così come la situazione siriana offrono un’importante opportunità.
Lei ha anche affermato che la lotta curda ha superato quella fase in cui doveva dimostrare che questo popolo esiste.
Di certo la questione circa l’esistenza o meno dei curdi è stata superata. Negli ultimi decenni abbiamo perso una grande quantità di tempo lottando per dimostrare che i curdi sono presenti in Turchia.
Ora siamo al punto di discutere come queste persone dovrebbero essere governate. La soluzione proposta dal nostro partito politico è quella di rispettare l’integrità territoriale dei paesi in cui risiedono i curdi, vale a dire: Turchia, Iran, Iraq e Siria. Abbiamo proposto un sistema federale o una soluzione autonoma per porre fine al problema.
E’ impossibile prevedere o predire il tipo di soluzione politica che sarà raggiunta in questa parte del mondo, ma una cosa (non) è altrettanto chiara, se i curdi sceglieranno l’indipendenza o un sistema federale o autonomo.
Ciò che è evidente, è che il popolo curdo non continuerà a essere un ‘popolo che non esiste’. E’ chiaro che i curdi vorrebbero essere riconosciuti come un popolo auto-governato. Possiamo tranquillamente dire che insieme alla coesistenza di arabi, persiani e turchi ci sarà un popolo curdo sovrano che coisiste con loro.
In un sistema federale o autonomo cosa accadrebbe al popolo curdo di Istanbul?
Non vogliamo un sistema autonomo su base etnica. In realtà quello che proponiamo in Turchia è l’adozione di un sistema provinciale. Ogni entità, sotto l’egida del governo federale e di un’unica Costituzione, dovrebbe avere un proprio corpo legislativo e una propria carta di autogoverno.
Una soluzione di questo tipo e delle Costituzioni create in questo senso sarebbero in grado di proteggere anche i diritti culturali e linguistici dei curdi di Istanbul. E’ possibile risolvere questo problema se si crede nei valori del sistema democratico e della giustizia.
Con queste idee di base, sarà possibile redigere le altri componenti legislative in modo da garantire che vengano rispettati i diritti di tutti. Devo aggiungere che in precedenza ho paragonato il sistema proposto in Turchia con l’attuale sistema del Canada.
Lei ha criticato l’approccio del Partito della giustizia e dello sviluppo (AKP) rispetto alla questione curda, affermando che l’AKP non tiene conto della voce dei curdi.
Fino al 2007, l’AKP ha compiuto dei passi riguardo il problema dei diritti dei curdi, non lo neghiamo. Tuttavia, non ha fatto quei profondi cambiamenti necessari a risolvere la questione. Hanno compiuto piccoli passi e volevano che i curdi ne fossero soddisfatti.
A partire dal 2007 hanno completamente cambiato la loro politica nei confronti del popolo curdo. Dopo il 2010, il primo ministro Recep Tayyip Erdogan ha dichiarato che non c’è più una questione curda in Turchia, ma solo terrorismo. A partire da quel momento, la politica dell’AKP nei confronti del nostro partito politico è stata difficile e siamo stati attaccati su tutti i fronti. Di certo critichiamo l’AKP.
Nel settembre 2010 è stato arrestato per sospetti legami con il PKK.
Forse avete informazioni errate in quanto non sono mai stato arrestato. Sono un membro del Parlamento dal 2007 e quindi godo dell’immunità. Tuttavia, mi è stata inflitta una pena detentiva di dieci mesi, a causa di un discorso che ho pronunciato.
Preso di mira per un discorso?
Sì, in quel discorso ho proposto al governo di negoziare con il signor Ocalan per risolvere il conflitto curdo. Prima di tutto l’ho chiamato non solo con il suo nome, ma “signore”. Questa è stata una delle accuse mosse contro di me.
In secondo luogo, ho detto al governo che deve dialogare con lui per risolvere il conflitto curdo. Questi i motivi della condanna a dieci mesi. In Turchia è promuovere il ‘terrorismo’.
Negli ultimi dieci anni sono state inflitte almeno 200.000 pene a persone che hanno fatto la stessa cosa che ho fatto io. Su di me pendono 80 accuse, e non è nulla a confronto del mio gruppo politico o di quando facevo l’avvocato per i diritti umani, periodo in cui ho collezionato fino a 250 accuse, alcune delle quali ancora valide. (…)
Quando è stato eletto al Parlamento per la prima volta, nel 2007, era un rappresentante del Partito della società democratica (DTP), che è stato sciolto dalla Corte costituzionale alla fine del 2009 a causa di presunti legami con il PKK. Perché crede che il DTP sia stato sciolto, è stato per gli stessi problemi di cui ha appena parlato?
Abbiamo sempre detto che non abbiamo legami organici con il PKK, diciamo questo non perché abbiamo paura (del governo), ma perché è la realtà. Siamo un soggetto diverso. Il PKK è un’organizzazione diversa, è un’organizzazione militare che ha base sulle montagne di Qandil. Hanno un sistema decisionale e una leadership distinte.
Il nostro è un partito legale con sede ad Ankara, con un suo corpo decisionale. Tuttavia, i nostri simpatizzanti sono gli stessi del PKK.
Il BDP è stato coinvolto nei negoziati che hanno portato alla fine dei 68 giorni di sciopero della fame di 700 detenuti politici curdi.
Le persone che hanno fatto lo sciopero della fame avevano due principali richieste. La prima riguardava l’uso della lingua curda nella sfera pubblica, anche in materia di istruzione e di difesa dei loro interessi in tribunale.
La seconda riguardava la fine dell’isolamento di Ocalan e la sua partecipazione ai negoziati che riguardano il conflitto curdo. (…)
Il mondo intero ha visto che, a meno che queste due richieste fondamentali non vengano soddisfatte, il conflitto curdo non potrà essere risolto in tempi brevi. Il governo è stato così messo in una posizione difficile, ed ora è sotto pressione e capisce la necessità di arrivare a una soluzione.
Da questo punto di vista, quelli che erano in sciopero hanno compiuto una mossa rischiosa, ma il risultato è stato importante e l’iniziativa ha avuto un certo successo.
Pensa che questo metta in evidenza la necessità di un partito curdo nel Parlamento turco?
Attualmente non abbiamo il diritto a sedere in Parlamento con la nostra identità. Giuriamo sul grande popolo turco. Ci auguriamo che tutti potranno esistere all’interno del Parlamento con la propria identità, che sia turca, curda, armena o alevi.
Pensa che il BDP possa rappresentare in Parlamento una voce moderata sulla questione curda, come è accaduto con lo sciopero della fame?
Naturalmente, anche se la pressione è forte, la nostra esistenza nel Parlamento turco è importante. Crediamo che si debba rimanere lì ed essere una voce per il popolo curdo.
Quando hai intenzione di uscire con un album? (Qui un video di Demirtas mentre suona uno strumento tradizionale e canta)
Quando avremo risolto tutti i problemi, spero di potermi dedicare alla musica. Probabilmente non con un album, ma come artista di strada.
titolo originale:The Kurdish Issue in Turkey: An Interview with Selahattin Demirtas Traduzione di Lana Sharif

 

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