Aggiornato il 03/05/18 at 04:33 pm
Tra insicurezza e marasma economico, la società irachena continua a pagare il prezzo di anni di oppressione e di guerra. Le donne ne sopportano il pesante fardello. Hanaa Edwar, paladina dei diritti umani, non cessa di denunciare questa situazione. E’ la storia di questa settimana a Baghdad…… “Questa è piazza Tahrir, è il cuore di Baghdad”, spiega Hanaa. “E’ il cuore di tanti ricordi, di persone in lotta. Nel 2011 ci sono state manifestazioni ogni settimana, fatte da persone giovani, da persone di diversi ceti sociali, che protestavano contro il settarismo, contro la corruzione, contro gli attacchi alle libertà pubbliche”.
Per strada tutti riconoscono la donna che niente e nessuno faranno mai tacere. Questo filmato è molto famoso in Iraq: nel 2011 Hanaa Edwar protesta contro l’arresto di alcuni manifestanti, davanti al primo ministro iracheno al Maliki, che aveva accusato le organizzazioni per la difesa dei diritti umani di fare il gioco del terrorismo.
“Dopo 35 anni di dittatura sanguinosa in questo Paese, la prima cosa di cui abbiamo bisogno è riuscire a passare da un regime totalitario a una cultura dei diritti umani e della democrazia”, afferma Hanaa. “La transizione non è facile. Gli americani hanno fatto di questa transizione un vero caos. Ma non sono gli unici. I nostri stessi politici sono incapaci di fare quanto è necessario per la ricostruzione del Paese”.
L’impegno di Hanaa risale all’adolescenza. Studentessa di diritto, milita nel partito comunista, e in organizzazioni per la difesa dei diritti umani. A 26 anni, si trasferisce a Berlino Est, come rappresentante irachena di un’organizzazione femminista internazionale.
Resta dieci anni, ma non può tornare in Iraq: il regime di Saddam Hussein la obbliga all’esilio in Siria. Poi Hanaa si unisce alla resistenza nel Kurdistan iracheno.
“Fui di nuovo costretta a partire, a causa della guerra chimica decisa da Saddam contro il movimento di resistenza in Kurdistan”, racconta Hanaa. “Sono ritornata a Damasco. Dopo la seconda guerra del Golfo, dopo il 1991, abbiamo sentito il dovere di trovare un modo per aiutare la popolazione. Per cui abbiamo deciso di creare un’organizzazione, che abbiamo chiamato Iraqi Al Amal, che vuol dire speranza; volevamo infondere speranza nel nostro popolo”.
Dopo anni trascorsi in clandestinità in Siria, poi di nuovo nel Kurdistan, Hanaa Edwar ritorna a Baghdad una settimana dopo l’invasione americana del 2003, e vi stabilisce la sede della sua organizzazione.
Diritti umani, istruzione, sanità. La rete di Al Amal oggi è attiva in tutto il Paese. E sostiene soprattutto le donne, stremate da anni di dittatura, di sanzioni economiche, guerra e violenza settaria. L’associazione fornisce loro aiuto materiale, giuridico e psicologico, attraverso numerosi centri sociali come questo.
“Molte di queste donne hanno sofferto; sono state picchiate dai mariti, alcune di loro hanno divorziato”, dice Hanaa. “Ci sono anche donne disabili, picchiate dai mariti o dai familiari dei mariti. Hanno subito tutte degli abusi”.
Al di là dell’azione sociale, Hanaa Edwar non esita a criticare chi è al potere.
“Il nostro bilancio nazionale è stato sempre utilizzato per la sicurezza e la difesa, non per cose come la previdenza sociale”, sostiene Hanaa. “Quando invece abbiamo oltre un milione e mezzo di vedove, tre milioni di orfani, il dieci per cento della popolazione è formata da disabili. Ci sono anche molti profughi, e anche essi non hanno nulla. Allo stesso tempo c‘è tanta corruzione nell’apparato statale. Non si deve parlare solo di terrorismo in Iraq. Il terrore in Iraq è una cosa. Ma quando si parla di corruzione, la corruzione è un’altra faccia del terrore”.
Per le sue prese di posizione Hanaa Edwar non è solo amata. Le minacce sono frequenti, contro di lei e contro i membri dell’associazione.
Ma può contare sul sostegno della sua squadra, e delle tante donne impegnate nella rete Al Amal, che vogliono far sentire la propria voce in tutti i settori della vita pubblica. Per smuovere le cose in Iraq, dice Hanaa.
“Abbiamo davvero bisogno di pace, pace, pace”, afferma Hanaa. “Sono quarant’anni che viviamo senza sapere come sarà il domani. Non puoi prevedere quello che farai domani. La tua famiglia non è mai al sicuro. Tu non ti senti mai al sicuro quando esci o quando torni a casa. Durante tre anni di violenze settarie noi ci siamo mossi, abbiamo lavorato molto! Nonostante i pericoli che ci circondano. Abbiamo perso alcuni dei nostro migliori amici. Io ho perso amici cari. Ma questo mi incoraggia ulteriormente, a continuare a raccogliere la sfida”.
Fonte:euronews
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