Aggiornato il 03/05/18 at 04:34 pm
Il curdo è la lingua di una civiltà?
Traduzione dell’articolo di Yasin Ceylan (Docente di Filosofia presso l’Università Tecnica del Medioriente di Ankara) apparso sul Radikal in data 6 marzo 2012.
In una discussione andata in onda sul canale CNN Türk, in data 3 Febbraio 2012, il Sottosegretario
alla Presidenza del Consiglio Bülent Arınç ha sostenuto che il curdo non sarebbe la lingua di una
civiltà e che pertanto non sarà possibile usare questa lingua nell’istruzione. Per prima cosa, Bülent
Arınç ha dimostrato come sia possibile arrecare un dispiacere a milioni di persone usando la lingua
di una civiltà. Laddove invece lo stesso Bülent Arınç, in data 22 Dicembre 2011, durante il suo
discorso di chiusura agli incontri sulla finanziaria, aveva detto che ai curdi sarebbero stati
riconosciuti interamente i loro diritti linguistici e culturali, guadagnando stima, ammirazione e
rispetto agli occhi dei curdi stessi.
Ora vorrei dire qualcosa sul rapporto lingua-civiltà. Prima di tutto va chiarito che ogni lingua è
capace di diventare una lingua di civiltà. Le lingue nazionali che usiamo nella nostra epoca come
mezzi di espressione della civiltà occidentale, in primo luogo inglese, francese e tedesco, fino a
prima di tre secoli fa non erano le lingue di una civiltà. La lingua scientifica e accademica
dell’Europa cristiana era il latino. Persino i titoli di alcuni famosi libri pubblicati nel XX secolo sono
in latino. Tuttora i diplomi di laurea di alcune antiche università europee vengono scritti in latino.
Comunque, parallelamente alla fondazione degli stati nazionali, si sono iniziate ad usare le lingue
nazionali in campo scientifico, accademico e nell’istruzione. Il fatto che ogni nazione abbia optato
per la propria lingua, in luogo di una lingua d’istruzione comune, ha dei vantaggi ma anche diversi
svantaggi.
Il persiano e l’arabo.
La lingua della scienza e dell’istruzione nel mondo islamico, prima dell’avvento del modello statonazione,
era l’arabo. Eruditi provenienti da etnie diverse hanno scritto le loro opere in arabo. La
lingua comune che usavano nei loro incontri era ancora l’arabo. Per questa ragione, possiamo
considerare lingue che si sono fatte carico di un civiltà fino a prima dell’epoca moderna il greco, il
latino, il persiano, il sanscrito, l’arabo e il cinese. Il turco, con tutti i suoi dialetti, pur esendo una
grande lingua parlata per secoli, non è mai stata la lingua di una civiltà specifica. Ciò nonostante
non si può dire che il turco non possa essere lingua di civiltà. A condizione che diventi un fulcro di
valori scientifici e sociali, esso è candidato a diventare in futuro la lingua di una civiltà. Il passato
del turco moderno non risale troppo indietro. Inizia con la fondazione della Repubblica. La netta
frattura con l’ottomano ha creato la possibilità che le nuove generazioni non siano in grado di
leggere un libro scritto cento anni fa. Non solo gli studenti universitari, ma persino molti professori
non sarebbero in grado di leggere e comprendere il Nutuk di Atatürk nell’originale. Per l’arabo e il
persiano, che non hanno vissutto una tale rottura, la situazione non è così grave. Uno studente di
liceo iraniano può leggere e capire tranquillamente le poesie di Sadi o di Hafýz. D’altro canto, un
arabo che abbia studiato può leggere e comprendere senza troppe difficoltà il testo del Corano o gli
atti dei profeti.
Tutte le lingue del medioriente hanno fatto fatica (e tuttora la fanno) a trasporre molti dei concetti e
dei termini scientifici, sociologici e letterari della civiltà occidentale contemporanea. Per quel che
riguarda la formazione di nuovi termini l’arabo, a confronto col turco e col persiano, è più fortunato.
La ragione di ciò è che, fra il IX e il XIII secolo, le fonti basilari della filosofia e delle scienze
greche antiche, sono state tradotte in arabo e in più il fatto che esso fosse la lingua parlata nei
rapporti di potere. Le più grandi menti del tempo hanno scritto in questa lingua. Il grande filosofo
islamico, di origini turche, Farabi, così come il famoso interprete coranico Zamahsari, anch’egli di
origine turca, hanno scritto le loro oper in lingua araba.
Il curdo
Venendo al curdo, fino all’epoca degli stati-nazione, eruditi d’origine curda come Ibn el-Esir e
Sihabettin Sühreverdi hanno scritto i loro libri nella lingua comune all’epoca, l’arabo. La validità di
questa lingua comune era così diffusa che persino il famoso filosofo e teologo ebreo Endülüslü Ibn
Maymun (Maimonide) ha scritto la sua famosa opera intitolata “Guida dei perplessi” in arabo.
L’utilizzo del curdo come lingua di una nazione, se prendiamo come riferimento ‘Mem û Zîn”,
occorre negli stessi tempi delle altre lingue nazionali. Non essendo una nazione fornita di uno stato,
a confronto con le altre lingue nazionali esso è rimasto indietro. Ad ogni modo, vuoi la letteratura
che viene utilizzata nelle scuole e nelle università del Nord Iraq, vuoi le pubblicazioni in curdo nella
diaspora, colmano questa carenza. Nelle analisi che ho condotto negli ultimi tempi, ho potuto
constatare come il curdo sia una lingua straordinariamente elastica e che possiede una buona
disponibilità alla creazione di nuove parole. Che sia stata capace di mantenere la sua vivacità pur
essendo stata proibita per un tempo pari quasi ad un secolo, che la maggioranza dei parlanti il
dialetto kurmanci possano capirsi a vicenda nonostante la distanza geografica e altri impedimenti di
questo tipo, sono fatti davvero sorprendenti. Molti ricercatori nutrono la comune convinzione che
dal punto di vista della cultura popolare e tradizionale i curdi siano il più antico e ricco gruppo
etnico della regione. Una volta restituite ai loro legittimi proprietari, i curdi, molte componenti del
folklore turco, arabo e persiano, e molta dell’eredità letteraria, musicale e mitologica, si capirà
anche come le fonti in lingua curda non siano poi così povere. Conseguentemente, quanto per il
turco c’è la possibilità che esso diventi la lingua di una civiltà, tanto vale per il curdo. Voglio però
parlare di un vantaggio che il curdo possiede: facendo parte del gruppo linguistico indoeuropeo, dal
punto di vista della sintassi, presenta delle somiglianze col tedesco e l’inglese. La gran parte dei
suoni presenti nel suo alfabeto si trova anche nelle lingue occidentali. Questa somiglianza, vuoi in
fase di traduzione, vuoi nel parlato, apre la strada ad alcune facilità. Ad esempio possiamo osservare
come sia d’altissimo livello l’inglese parlato dai diplomatici curdi del Nord Iraq. Il fatto che il turco
faccia parte di un gruppo completamente diverso da quello delle lingue occidentali, fa sì che nella
traduzione e nel parlato si riscontrino notevoli difficoltà. È un fatto naturale. L’assenza in turco dei
pronomi relativi crea grossi problemi ai traduttori. Nell’ottomano questo bisogno è stato compensato
prelevando dal persiano la particella pronominale -ki. L’eliminazione del -ki dal turco moderno
(nella lingua scritta) è la ragione di lunghe frasi aggettivali che precedono il nome e che creano una
distanza inutile fra soggetto e predicato. Questa situazione rende questa lingua straordinariamente
sistematica ed estetica, incomprensibile nelle sue lunghe frasi.
Il turco
Il fatto che il turco moderno possieda una breve storia, ha fatto sì che non si riesca a trovare una
stabilità nella trasposizione dei concetti da alcune scienze e discipline della cultura occidentale. Ad
esempio nelle traduzioni e addirittura in alcune opere compilatorie d’ambito filosofico, la
terminologia filosofica che viene usata cambia di traduttore in traduttore, da scrittore a scrittore. A
tal punto che, il più delle volte, siamo costretti a rivolgerci direttamente al libro originale dalle
difficoltà che incontriamo nel comprendere la traduzione. Ad ogni modo in questo campo negli
ultimi tempi si registrano importanti progressi e presto lavorando su tutti i filosofi, trovando un
accordo sulle scelte, la lingua filosofica turca prenderà corpo. Ciò che si capisce è che, se poniamo
la condizione che una lingua per essere usata nell’istruzione debba essere la lingua di una civiltà, ad
esclusione di alcune poche, molte lingue ne verrebbero a subire danno, compresa la lingua usata da
Bület Arınç.
Da ultimo voglio porre una domanda: esiste un rapporto fra la lingua di una civiltà e l’essere civili?
La mia risposta è che esiste e non esiste allo stesso tempo. Esiste, poiché le grandi menti hanno
espresso i loro pensieri fino alle più sottili sfumature in quella lingua. Usando quella lingua
completa hanno innalzato l’umanità. Non esiste poiché altra gente, che in quella medesima lingua si
esprime, ha praticato enormi crudeltà. Ha affossato l’umanità, ha pugnalato la giustizia, la pietà,
l’onore, la dignità. Oh, magari fosse possibile imparare a essere civili imparando la lingua di una
civiltà.
Traduzione di Francesco Marilungo
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