Aggiornato il 03/05/18 at 04:35 pm
Costantino Pistilli
E’ da tre mesi ormai che Iran e Turchia bombardano i curdi, e lo fanno violando spesso (se non sistematicamente) il territorio della regione autonoma del Kurdistan iracheno. Human Rights Watch (HRW) ha denunciato: “È evidente che Turchia e Iran non stanno facendo quello che devono fare per assicurarsi che i loro attacchi abbiano un impatto minimo sui civili, e nel caso dell’Iran, è molto probabile che stia deliberatamente prendendo di mira la popolazione civile”. Se Erdogan ha come scopo esplicito quello di sradicare e debellare completamente i peshmerga del PKK – ancora pericolosamente attivi con azioni terroristiche con l’obiettivo di conquistare l’indipendenza da Ankara – i pasdaran iraniani puntano a estinguere la popolazione curda dall’Iran, usando la foglia di fico della “caccia ai terroristi” del gruppo separatista del Pjak (The Party of Free Life of Kurdistan).
Già dai primi giorni di Settembre, l’artiglieria persiana ha ripreso a bombardare i villaggi di frontiera tra Iraq e Iran con lo scopo di colpire le basi del Pjak, nonostante questi avessero dichiarato di voler deporre le armi e invocato a più riprese il cessate il fuoco.
Il generale Hamid Ahmadi, comandante delle forze della Guardia Rivoluzionaria iraniana ha dichiarato che “l’attacco lanciato continuerà fino a quando tutti i controrivoluzionari, i ribelli e i terroristi non saranno spazzati via”. Un risultato non difficile da raggiungere soprattutto in un momento in cui l’esercito degli ayatollah, nell’ambito del progetto “Jihad per l’Autosufficienza militare”, sta perfezionando la produzione di nuovi armamenti e di tecnologie molto sofisticate: sistemi radar avanzati, missili antiaerei aggiornati e modernizzati, munizioni di precisione e perfino missili terra-aria modificati per l’impiego su piattaforme aeree. Armi che però stanno colpendo anche la popolazione civile con lo scopo di creare un esodo delle popolazioni curde iraniane e realizzare una zona cuscinetto lungo il confine.
“È chiaro che i bombardamenti iraniani potrebbero essere un tentativo di cacciare i civili iracheni fuori da alcune zone vicino al confine iraniano; anno dopo anno, i civili nel nord dell’Iraq hanno subito questi attacchi transfrontalieri ma ora la situazione è davvero disastrosa” ha voluto sottolineare il vice direttore per il Medio Oriente di HRW. Secondo la ong newyorkese, dal 30 Agosto scorso più di mille e duecento famiglie sono state sfollate dai bombardamenti persiani – e turchi – e sono state prese di mira anche scuole, moschee e le coltivazioni degli agricoltori (“durante la semina e altre attività”) in modo da distruggere la gran parte del raccolto di quest’anno, ormai lasciato incustodito.
“Sono sei anni che l’Iran bombarda il nostro territorio ma quest’anno è stato incredibile”, hanno dichiarato una dozzina di contadini a HRW, aggiungendo: “Non sappiamo perché l’Iran stia bombardando il nostro villaggio: non abbiamo mai visto alcun membro Pjak qui”.
Già nel 2010 HRW documentò la violenza iraniana contro il popolo curdo eppure la comunità internazionale non ha mai condannato pubblicamente le vessazioni provenienti dall’Iran. Neanche “l’Amministrazione della mano tesa” se ne sta preoccupando, anzi, con Obama i separatisti peshmerga sono stati schedati come organizzazione terroristica, nonostante le aspirazioni filo-occidentali dei guerriglieri e l’importanza strategica della zona.
D’altronde i guerriglieri curdi non indossano la kefiah e sarà difficile attrarre l’attenzione della comunità internazionale e dei palazzi di vetro, nonostante proprio al 760 United Nations Plaza di New York City si stiano preparando i “grandi saldi” di fine settembre ovvero l’auto-dichiarazione di Statualità da parte dell’Autorità Nazionale Palestinese. Ma questa è tutt’altra (e triste) vicenda.
Fonte: Locidentale.it
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