Aggiornato il 03/05/18 at 04:36 pm
di Prof.ssa Ercolina Milenesi
Si complica ulteriormente la situazione nel piccolo regno insulare del Bahrein, nel Golfo Persico, dove da settimane sono in corso manifestazioni di protesta contro la monarchia. Almeno due persone sono morte e 200 sono state ferite in una nuova giornata di scontri e il re ha proclamato lo stato d’emergenza per tre mesi, all’indomani dell’arrivo delle prime truppe straniere nel Paese – mille soldati sauditi e 500 poliziotti degli Emirati Arabi Uniti – per «ristabilire l’ordine e la sicurezza».
Secondo un politico dell’opposizione un uomo è stato ucciso a Sitra, mentre la televisione di Stato ha detto che un poliziotto del regno – e non un soldato saudita come era stato precedentemente dichiarato – è stato ucciso durante gli scontri a Maamir, a sud della capitale Manama.
Il Bahrein è un piccolo Stato senza problemi economici grazie ai giacimenti di gas naturale e petrolio, ma con tensioni politiche causate dai contrasti tra la comunità sciita (maggioritaria) e quella sunnita, cui appartiene il sovrano e che domina la società. Sono gli sciiti a protestare chiedendo più diritti democratici e il timore è che a soffiare sul fuoco possa esserci l’Iran, a sua volta sciita e che ha spesso rivendicato un ruolo di “tutela” sull’arcipelago, che sorge a breve distanza dalle coste saudite cui è collegato da un moderno ponte stradale. Ieri Teheran ha protestato ufficialmente con i rappresentanti diplomatici del Bahrein, dell’Arabia Saudita e degli Stati Uniti (in questo caso con gli svizzeri, visto che non esistono relazioni con Washington).
La situazione è resa vieppiù complicata dalla presenza in Bahrein di una base navale statunitense di grande importanza strategica. Da giorni la Casa Bianca insiste nel raccomandare alle autorità locali di cercare una soluzione politica e non militare alla crisi sociale che divampa nel Paese. La presidenza degli Stati Uniti anche ieri è tornata a invitare le parti alla calma, esprimendo preoccupazione per «le notizie che riportano in aumento gli episodi di atti provocatori e violenze settarie». L’uso della forza «non farà altro che peggiorare la situazione», ha ammonito il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale Tommy Vietor, evitando tuttavia riferimenti espliciti all’Arabia Saudita, alleato degli americani e tra i Paesi che hanno inviato forze di sicurezza nel regno.
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