Aggiornato il 03/05/18 at 04:36 pm
Bahman Ghobadi, nato a Baneh, nella regione del Kurdistan, è senz’altro una delle personalità di maggior rilievo dell’ultima generazione di cineasti iraniani. Figlio di un territorio e di un popolo tra i più martoriati del Medio Oriente, si è fin da subito presentato come cantore della sua terra natale, scegliendo come protagonisti bambini, adolescenti o ragazzi, simboli viventi della precarietà – ma anche dell’inesauribile vitalità – di un’etnia che nel corso dei secoli ha fatto dell’attraversamento dei confini, delle frontiere arbitrariamente create dalla politica, la cifra della propria esistenza. In film come Marooned in Iraq, Turtles Can Fly e Half Moon, i personaggi di Ghobadi si spingono in luoghi geografici o cinematografici inesplorati e insieme letteralmente minati, forzando i limiti della rappresentazione all’insegna di una messa in scena che, pur pervasa dal grande lirismo dei paesaggi del Kurdistan, pur animata dalle vicende ora crudeli ora bizzarre vissute dai suoi eccentrici protagonisti, non dimentica mai di agganciarsi all’attualità scottante di una terra segnata dalle guerre.
Non solo. Strumentista in un gruppo di musica tradizionale curda, è sempre stato affascinato dalla forza comunicativa e visiva del canto, del ballo, della performance, considerati lingua franca e veicolo di espressione libero da qualsiasi forma di autorità. Da questo punto di vista il suo ultimo film è emblematico: ambientato nel sottobosco musicale di Teheran, I gatti persiani ospita alcune tra le band più importanti del circuito indie della capitale e lega il loro destino a quello di una metropoli viva, caotica, frenetica, percorsa da fremiti di libertà e insieme soffocata dalla cappa asfissiante del controllo di uno Stato integralista. Il risultato è un’opera ambiziosa, ancora una volta al confine tra finzione e realtà, luce e buio, lecito e illecito, musica e silenzio, girata clandestinamente in pochi giorni, capace di cogliere una faccia inaspettata di quel movimento giovanile di dissenso che ha cercato di affermarsi in Iran negli ultimi anni.
La retrospettiva dedicata a Bahman Ghobadi, ospite del Festival, è curata da Marco Dalla Gassa e Fabrizio Colamartino, specialisti di cinema orientale, con la collaborazione di Farian Sabahi, giornalista, scrittrice e docente di Storia dei Paesi islamici all’Università di Torino.
Sabato 11 dicembre
Cinema Massimo 3
ore 16.30
Life in Fog (Zendegi dar meh, Vita nella nebbia) di Bahman Ghobadi, con Nezhad Ekhtiardiny, Amene Ekhtiardiny, Mahdi Ekhtiardiny (Iran 1995, Betacam SP, 27′)
Un quattordicenne deve prendersi cura dei fratelli dopo la morte dei genitori e accetta di fare il contrabbandiere. Il corto da cui è nato Il tempo dei cavalli ubriachi.
v.o. / sottotitoli italiani
ore 17.00
Il tempo dei cavalli ubriachi (Zamani barayé masti asbha) di Bahman Ghobadi, con Ayoub Ahmadi, Rojin Ekhtiardini, Ameneh Ekhtiardini, Kolsoum Ekhtiardini (Iran 2000, 35mm, 80′)
Kurdistan iraniano. Cinque fratelli e una sorella vivono in condizioni estreme. Uno di loro è ammalato e la sorella decide di sposare un ricco iracheno che ha promesso di finanziarne le cure. Al momento di passare il confine non tutto va per il verso giusto. Caméra d’Or al Festival di Cannes 2000.
Bahman Ghobadi è oggi una delle figure più autorevoli e interessanti del cinema mediorientale. Iraniano di origini curde, fin dall’inizio degli anni Novanta lavora per dare voce a luoghi e popoli letteralmente dimenticati dal mondo. Ha scelto un cinema di confine: tra un Paese e un altro, tra la finzione e il documentario. Un cinema aperto a tutti: ai cavalli ubriachi, ai gatti persiani, alle tartarughe che volano, ma soprattutto ai giovani, ai ragazzi la cui inesauribile vitalità e l’inesorabile precarietà sono diventati ben presto il suo veicolo di espressione privilegiato. Insieme alla musica, altro linguaggio che per sua natura non può e non deve farsi soggiogare anche dal più rigido controllo autoritario. I
l cineasta, a Torino per un incontro esclusivo con gli spettatori del Festival, parlerà della sua idea di cinema e di impegno politico, del grande amore che coltiva per la musica e per le tradizioni del suo Paese. Il film proposto, Turtles Can Fly, è un esempio perfetto della poetica dell’autore.
ore 20.20
Turtles Can Fly (Lakposhtha parvaz mikonand, Le tartarughe possono volare) di Bahman Ghobadi, con Avaz Latif, Soran Ebrahim, Saddam Hossein Feysal, Hiresh Feysal Rahman (Iran/Francia/Iraq 2004, 35mm, 98′)
In un campo profughi al confine tra la Turchia e l’Iraq, gli abitanti cercano disperatamente di sapere dalla radio se subiranno un attacco aereo statunitense, mentre i bambini vendono le mine inesplose cadute nei campi vicini. Un’opera struggente in cui è quasi impossibile distinguere tra fiction e documentario, premiata a San Sebastián, Berlino e Rotterdam.
v.o. / sottotitoli italiani
Incontro con BAHMAN GHOBADI
Conducono l’incontro MARCO DALLA GASSA (co-curatore della retrospettiva) e FARIAN SABAHI (docente di Storia dei Paesi islamici, Università di Torino)
ore 22.40
Il film che ha consacrato definitivamente Bahman Ghobadi, grazie a un’avventura vissuta sullo sfondo di una Teheran inedita, misteriosa e pulsante di vita.
I gatti persiani (Kasi az gorbehaye irani khabar nadareh) di Bahman Ghobadi, con Negar Shaghaghi, Ashkan Koshanejad, Hamed Behdad (Iran 2009, 35mm, 101′)
Un ragazzo e una ragazza decidono di formare una rock band. Si tratta di un’attività proibita e i due devono cercare clandestinamente gli altri componenti setacciando il mondo underground di Teheran. Intanto pianificano la fuga dal Paese nutrendo la speranza di poter suonare in Europa.. Premio speciale della giuria al Festival di Cannes 2009.
Domenica 12 dicembre
Cinema Massimo 3
ore 20.30
Ancora un viaggio in luoghi geografici letteralmente minati per la retrospettiva dedicata all’iraniano Bahman Ghobadi, che questa volta si mette in cammino alla volta dell’Iraq, per seguire i destini di una famiglia divisa dagli eventi storici.
Marooned in Iraq (Gomgashtei dar aragh) di Bahman Ghobadi, con Shahab Ebrahimi, Faegh Mohammadi, Allah-Morad Rashtian, Iran Ghobadi (Iran 2002, 35mm, 108′)
Dopo la guerra Iran-Iraq, il cantante curdo Mirza, ormai anziano, è preoccupato per le sorti dell’ex moglie Hanareh che vive dall’altra parte del confine. Nonostante i bombardamenti decide di andare in Iraq a cercarla, accompagnato dai due figli, in un viaggio che ben presto diventa l’allegoria di una nazione che non c’è. Premio della giuria internazionale al São Paulo International Film Festival. v.o. / sottotitoli italiani
ore 22.45
Cinema nel cinema ma anche il racconto della fine di un’epoca in War Is Over!, in cartellone per la retrospettiva dedicata a Bahman Ghobadi.
War Is Over! (Jang tamam shod!, La guerra è finita!) di Bahman Ghobadi (Iran 2003, Betacam SP, 57′)
Poche settimane dopo la caduta del regime di Saddam, Ghobadi parte alla volta dell’Iraq per mostrare il suo Marooned in Iraq. Si tratta di un semplice pretesto per entrare in un Paese inviolabile e chiedere direttamente ai suoi abitanti – tanto a quelli di Bagdad, quanto a quelli delle remote regioni settentrionali – come abbiano vissuto i tanti avvenimenti che hanno scosso la regione. v.o. / sottotitoli italiani
Lunedì 13 dicembre
Cinema Massimo 2
ore 16.15
Daf (Tambourine, Tamburello) di Bahman Ghobadi, con Hamed Mohamadi, Monire Zamani, Elham Bahmani, Saman Bahmani (Iran 2003, Betacam SP, 30′)
Kurdistan. In un villaggio vicino al confine con l’Iraq, Faegh ha tre mogli e undici figli. La sua famiglia è specializzata nella costruzione dei Daf, strumenti a percussione tradizionali, che l’uomo vende per pochi soldi nei mercati della città, nonostante la sua arte sia conosciuta in tutta la regione. Viaggio alle radici della musica tradizionale persiana e curda, radicale e sorprendente. v.o. / sottotitoli italiani
ore 16.45
Lavagne (Takhté siah) di Samira Makhmalbaf, con Bahman Ghobadi, Behnaz Jafari, Said Mohamadi, Mohamad Karim (Italia/Iran/Giappone, 2000, 35mm, 84′)
Due insegnanti attraversano il Kurdistan iraniano con una lavagna sulle spalle, alla ricerca di studenti. Nonostante offrano le proprie conoscenze in cambio di un tozzo di pane, nessuno ha intenzione di imparare a leggere e a scrivere. In terre desolate e abitate da gente disperata, l’istruzione sembra un’inutile perdita di tempo.
Mercoledì 15 dicembre
Cinema Massimo 2
ore 22.30
La retrospettiva dedicata al regista iraniano Bahman Ghobadi si conclude con Half Moon, road movie anomalo e surreale che unisce due delle passioni del regista, la musica e la dimensione del viaggio, per raccontare il Kurdistan di oggi da una prospettiva inedita.
Half Moon (Niwemang, Mezzaluna) di Bahman Ghobadi, con Ismail Ghaffari, Allah Morad Rashtiani, Farzin Sabooni, Kambiz Arshi (Iran/Austria/Francia/Iraq 2006, 35mm, 107′)
Mamo, anziano musicista curdo, vuole tenere un concerto in Iraq dopo la caduta di Saddam Hussein. Kako è un fan entusiasta che lo accompagna con un mini-bus preso in prestito. A loro si unisce Hesho, una cantante che vive in esilio con altre donne. Premio per il miglior film a San Sebastián.
v.o. / sottotitoli italiani
TUTTI GLI EVENTI E LE PROIEZIONI DEL FESTIVAL SONO A INGRESSO GRATUITO
Per informazioni:
Sottodiciotto Filmfestival, c/o Aiace Torino tel. 011.538962 – 011.5067525, e-mail aiacetorino@aiacetorino.it
www.aiacetorino.it – www.sottodiciottofilmfestival.it
Aiace Torino tel. 011.538962 – 5067525
www.aiacetorino.it – e-mail cristiana.menarello@aia
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