L’Iraq ora è solo di fronte alla minaccia del terrore

Aggiornato il 03/05/18 at 04:37 pm


di Lorenzo Trombetta
A sette anni dall’avvio dell’invasione straniera e dal conseguente smantellamento dell’esercito di Saddam Hussein, il ritiro delle unita’ da combattimento americane da oggi impone alle forze armate irachene un cruciale esame di maturita’. Gli Stati Uniti hanno speso fino ad oggi circa venti miliardi di dollari per ripristinare quell’esercito da loro stessi improvvidamente disciolto subito dopo il crollo dell’ex regime e che per decenni era stato il nerbo delle piu’ potenti forze armate arabe della regione.

Con un pugno degli ex ufficiali della dismessa struttura, il ”Nuovo esercito iracheno”, responsabile sulla carta di ”proteggere i confini internazionali” e ”mantenere la sicurezza lungo le vie di comunicazioni”, era stato creato dall’amministrazione americana di Baghdad nell’agosto 2003. Nella primavera del 2004 il numero delle unita’ operative era di appena 2.000 uomini ma nell’estate 2005 il neo battezzato ”Esercito iracheno” arrivava a contare 86 battaglioni formati da quasi 90.000 soldati.

Da allora fino ad oggi sono stati fatti passi da gigante: con gli attuali 222 battaglioni, tra quelli operativi, di appoggio e dei reparti speciali, l’esercito iracheno sfiora le 200.000 unita’ totali. Dei 165.000 militari Usa da oggi ne rimangono invece circa 56.000, lontani dalle citta’ da cui si sono ritirati nel giugno 2009. Nei prossimi dieci giorni ne partiranno altri 6.000, lasciando in Iraq le 50.000 unita’ previste dal calendario fissato dal presidente Barack Obama. I soldati americani che restano e che si dovranno ritirare definitivamente entro il 2011 si limiteranno ad addestrare le reclute irachene e a fornire appoggio logistico.

Per lo piu’ aereo, data la quasi totale assenza di un’aviazione irachena propriamente detta. Secondo Marina Ottaway, esperta di questioni militari irachene al Carnegie Endowment for International Peace di Washington, per l’esercito iracheno ”la vera minaccia ora non proviene dall’esterno, ma da possibili scontri intestini, che minacciano la coesione delle stesse forze armate”. Sull’assenza, da oggi, delle truppe da combattimento americane, Ottaway sostiene che ”gli equilibri sono gia’ cambiati” perche’ i soldati Usa ”non partecipano piu’ come un tempo a fianco delle pattuglie irachene.

Quello di cui invece l’Iraq continuera’ ad aver bisogno – afferma – e’ l’appoggio aereo degli Stati Uniti”. Ali Dabbagh, portavoce del governo iracheno, ha dal canto suo affermato che ”le forze di sicurezza sono sufficientemente pronte per far fronte alle minacce”. Dabbagh ha di fatto smentito il generale Babakir Zebari, capo di Stato maggiore, che dieci giorni fa aveva invece ammonito: ”L’esercito non e’ pronto a ricevere il testimone dagli americani”. ”L’esercito Usa deve rimanere almeno fino al 2020, quando le nostre forze armate saranno pronte”, aveva aggiunto Zebari.

LE TRUPPE USA LASCIANO L’IRAQ – Con oltre dieci giorni di anticipo rispetto al calendario stilato dal presidente degli Stati Uniti Barack Obama, la guerra in Iraq, durata circa sette anni e mezzo, è virtualmente finita. Secondo la Nbc, l’ultima brigata da combattimento ha superato durante la notte la frontiera che separa l’Iraq dal Kuwait, oltre sette anni dopo l’inizio della guerra, il 20 marzo 2003, che ha portato al rovesciamento del regime di Saddam Hussein. Fonti dell’amministrazione Obama hanno però precisato che la missione di combattimento cambierà natura solo “dal 31 agosto, quando le brigate rimaste saranno riconvertite in forze di assistenza” alle truppe irachene. Ad oggi, secondo le stesse fonti, i militari Usa stanziati in Iraq sono 56.000 e solo a fine mese scenderanno come previsto a 50.000.

Una guerra, quella in Iraq, decisa dall’allora presidente Usa George W. Bush, convinto che Hussein possedesse armi di distruzione di massa (che non sono poi state mai trovate). Una guerra che ha portato a spaccature in Europa, visto che la Gran Bretagna ha combattuto al fianco degli Stati Uniti, mentre paesi come la Francia hanno guidato quello che si può definire un ‘fronte del no’. Bush aveva dichiarato la fine dei combattimenti in Iraq il primo maggio del 2003, in un famoso discorso, quello della ‘Mission Accomplished’ a bordo della portaerei Lincoln, al largo di San Diego in California. In realtà i combattimenti sono durati molto più a lungo, con oltre 4mila morti militari americani e decine di migliaia di vittime irachene, e tensioni fortissime nel biennio 2006-’07. Si è dovuto attendere il cosiddetto ‘surge’ del generale americano David Petraeus, nel 2007, per iniziare a vedere una progressiva stabilizzazione della situazione nel paese. In base agli impegni presi da Obama, le truppe combattenti Usa in Iraq, che a un certo momento avevano raggiunto le 150mila unità circa, devono lasciare il paese entro la fine di agosto 2010. Il ritiro di tutti i militari è in calendario entro la fine del 2011. Obama ha deciso il ritiro dall’Iraq anche per rafforzare l’impegno americano in Afghanistan, l’altra guerra degli Stati Uniti in questi anni, dove i militari Usa e Nato sono attualmente 150mila circa. Secondo un giornalista della Nbc ‘embedded’ (cioé che viaggia insieme a militari in Iraq) la brigata combattente che per ultima ha lasciato l’Iraq è la 4/a Stryker. Secondo la rete televisiva, “una volta che tutti questi militari sono usciti dal Paese, l’operazione Iraqi Freedom, quella da combattimento in Iraq, è terminata”.
fonte:Ansa

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